“Dolce” è il tenersi per mano di Nunzia e di Giuseppe che condividono anche questa loro poesia!

Nunzia Piccinni legge in effetti una poesia in cui una sorta di “geometria della paura” si risolve nel gesto dell’amore mentre Giuseppe legge un testo di Sanuel Becket.

Poi incanta il “gioco” di Elena (Giacomin) che mettendo insieme frasi e versi scritti in momenti diversi e senza apparente coordinamento compne in realtà un testo ricco di suggestioni che derivano proprio da quei piani diversi di ispirazione e quindi di interpretazione : un pesco che germoglia, un desiderio intenso espresso in discorso diretto (verso chi?): “voglio che tu sia felice” e immagini quali “temo la nuvola che nasconde il punto del tramonto dove il cielo bacia l’orizzonte” attraversano tempi diversi di un giorno (o di una notte) dallo sguardo sempre acceso oltre il contingente. Anche Elena (Giraldi) accompagna nel suo percorso di riflessione: linfa che scorre lieve”  “verde che a volte si arrende”  “alberi d’inverno” lacrime turchine” e il bisogno di “aprire le mani” mentre “i passi ci allontanano”. La domanda sembra essere sempre: quanto ricca di immagini così sfumate e quasi senza diretto rapporto con la realtà può essere una poesia e Gabriella (Valera) ogni volta si confronta, mentre legge i suoi testi “duri”: “è la vita che impegna ad andare”spegnendo lo sguardo “in un sogno d’amore negato, fra tutti il più grande”.

Vittorio (Cmisso) è già in tema con “Le notti del Mito”, il festival nazionale cui partecipa anche Poesia e Solidarietà il giorno 16 dicembre. Il testo che ha scritto ispirandosi alla intenzione del festival è molto interessante: Il Mito figura fuori tempo e fuori contesto entra nel tempo e nei contesti dove i miti sono decaduti, e falsi. E non si riconosce e vorrebbe un angolo in cui diventere nuovo MIto, figura della speranza..

IL testo è così ricco che si sviluppa un dialogo sul significato stesso del Mito in epoche diverse.

Voci diverse: Ottavio Gruber e Tristano Tamaro, leggono in dialetto. rispettivametne istroveneto e triestino, parlano di una madre e di un padre: figure di forza , di semplice interiorità, di vita vissuta sino in fondo.

Mark: dopo avere cercato e ricercato nel suo tablrt e dopo non avere trovato ciò che voleva leggerci non si dà per vinto e di nuovo ci incanta con un sonetto di Shakespeare. tradotto da Montale.

I testi di Libera sono sempre ricchi di pathos; al di là della scarsa elaborazione linguistica alcuni dei momenti del suo dire sono davvero intensi e il suo “cuore solo di disperazione” del testo letto oggi non può non rimanere nei nostri pensieri.