Particolarmente sentito questo primo incontro dopo la parentesi natalizia. Ansiosi di confrontarci su nuove emozioni o versi antichi che inevitabilmente hanno finito per costruire l’incontro intorno a pochi temi, che non erano stati scelti a priori.
Giusy Billone ha dato il via alle letture con una poesia intitolata “Miraggio”. La sua lettura vibrante ha dato il senso di realtà emozionali forti da vivere e immaginare più che da comprendere. Il testo riproposto dalla voce di Cinzia Platania è apparso a taluni più morbido, quasi meditativo: potere straordinario della voce, dell’ascoltarsi e del proporsi. Il senso di una rinascita comunque era nella proposta di Giusy che ha letto anche una poesia intitolata appunto “Rinascita”.
Proprio il tema della Rinascita ha cataolizzato l’attenzione rimandando anche al suo esatto opposto, la perdita, la sconfitta, non solo personale ma cosmica, intrinseca nel senso della vita e della morte da cui rinascere.
Elena Giacomin in “Collage” offre uno specchio all’anima, quasi uno sdoppiamento della persona che si allontana da sè mentre l’anima cerca la sua verità (su questi versi si è aperto un dialogo profondo). Nella seconda poesia (al secondo giro di letture, quindi dopo avere ascoltato tutti gli altri) Elena comunica il suo senso della vita come scorrere di un fiume da seguire con lo sguardo fin dove lontano “l’acqua perde il significato del suo scorrere” per andare proprio lì ad attendere l’amato. E, lungo questo percorso,. la linfa scivola e si perde nelle fessure del mondo (come osserva Cinzia Platania).
Cinzia Platania dà un doppio taglio alla sua partecipazione: con la sua “Poesia irregolare” ironicamente aggressiva e con la poesia “Tristezza”: “poesia catturata in un verso” mentre il petalo di una rosa e la dolcezza della persona e della voce acquietano l’iniziale “clamore nascosto”.
Ci sono poi una serie di letture che risentono del clima che ormai si sta creando. Maria Luisa Grandi legge una delle sue “piccole” poesie di rinascita e sorriso, ma poi rivela l’altro lato (complementare al primo) della sua sostanza umana in una dura accusa della crudeltà dell’uomo verso gli animali, un’accusa che per la forza del verso lascia senza respiro.
Ottavio Gruber, legge una poesia d’amore, delicata da par suo, ma legge poi un testo dedicato allo scempio del Carso perpetrato dalla speculazione edilizia: “Mio Carso,/mare di pietra/ mare di verzura” “quante ferite sopporti in nome del progresso a lotti votato sei all’estinzione per leggi di mercato” Mio Carso ” mio mare di pena”: così il suo canto (dal libro Colori Primari Ibiskos Risolo 2015)
Gabriella Valera legge due testi, “Le bianche rose” (Lasciami danzare, Firenze Libri editore) : “Sono/ di me/ un grumo di bianche rose”. E in questo candore la rinascita da un dolore profondo ma anche da un cammino di continua rimeditazione del sogno. E poi durissima la denuncia dei delitti contro gli alberi tagliati uguali simili alle fucilazioni che si perpetrano nella notte o nella luce livida dell’alba: “Hanno un’anima gli alberi tagliati/ lungo la strada. /Tutti uguali, in fila/ come soldati fucilati lungo il muro./ Scientemente , crudelmente/, con ordine e rigore./ . Il gemito sulle labbra della notte, lo sguardo sopra il muro, rimandano al ricordo impietoso… di altre morti di altre fucilazioni: “Nell’alba rimane/ un po’ di livida luce i fucili puntati squarciavano/ il dramma della vita” (Dilexit veritatem, dedicata a Marc Bloch, storico fucilato dai nazisti).
“C’è un mare bianco al tramonto/ sotto la collina di candele./ E’ il momento in cui c’è più luce che in cielo, / quando si accende la prima stella” eppure “arriverà la sfera della notte”, “nella lancetta che muove il tempo ” e il cielo sarà il riflesso della terra “in questa fine”: E’ la poesia di Hari Bertoja (dal libro: L’uovo che amò le ali, Ibiskos Risolo, 2017) : qui la nascita e la fine sembrano toccarsi e nella visione del poeta è quello il momento in cui “saremo uguali”, per quanto si faccia avanti il nulla più assoluto in esso brilleranno singole gocce di rugiada.
La poesia di Elena Giraldi ripercorre solitudine e amore, ricordi e futuro, che verrà come “tempo ritrovato inerte” tutto come dissonanza: “dissonanze di mare all’imbrunire”
Cambiano i minuti lenti
di un orologio che scorre altrove.
Solitudine che s’attacca ai muri
come scivolosa ombra di luna.
Quale lamento può mutare
il frugare nei ricordi?
Io sono lì
per trovare ancora
un andante di tempeste pacate,
di nubi ormai piovute.
Rumore di falene ai vetri
di finestre immaginate,
roco saldarsi alla vita.
Verranno giorni di ormai schiusi abbracci,
di tempo ritrovato e inerte,
verranno giorni di ricordi mancati,
dissonanze di mari all’ imbrunire.
Elena Giraldi
Infine la sempre difficile lettura di Libera Zivian fa pensare: quando cambia il tempo delle stagioni cambiano i sogni della notte e persino i colori dell’arcobaleno e Mark Veznaver, con l’entusiasmo di chi legge la poesia di un amico ha letto in spagnolo e in italiano una poesia di Alan.
Ci sono mancate le voci di chi non era presente: Nunzia Piccinni, Giuseppe Curci, Vittorio Comisso e altri… Li aspettiamo
(sintesi a cura di Gabriella Valera)